sabato 28 marzo 2020

Odio riconoscerlo, ma Renzi ha ragione: serve un piano per ripartire

Oggi, per la prima volta, credo, mi sono trovato d'accordo con Matteo Renzi. A suo modo è un piccolo evento, e voglio riconoscerlo.

Mi sono trovato d'accordo quando ha detto, in un'intervista all'"Avvenire", che è necessario definire subito, adesso un piano per "riaprire" l'Italia, per farla uscire dalla quarantena. E ciò a fronte della consapevolezza che con il coronavirus dovremo imparare a combattere ancora per settimane, forse mesi, forse anni. Fino a quando non si troverà una cura, o un vaccino. Nel frattempo, però, non si può rimanere (quasi) tutti chiusi in casa ad aspettare che il problema si risolva da solo. Perchè ci sono molti, troppi (anziani, disoccupati, tutte le fasce deboli) che, durante la quarantena sine die, rischiano di salvarsi dal virus ma di morire letteralmente di fame. E' quindi urgente definire una strategia per ripartire. 

Beh, devo dire che con questo ragionamento sono d'accordo.

Dal punto di vista tattico, certo, si è trattato di un modo facile, per Renzi, per ottenere un po' di visibilità dopo un po' che non "toccava palla", e per posizionarsi nel dibattito sull'insostenibilità dell'attuale blocco produttivo. Dibattito che per ora è sottotraccia, ma che, è facile prevedere, esploderà, inevitabilmente, tra breve. Perché è evidente che questa situazione non può reggere. Renzi si è posizionato, e tra qualche giorno avrà gioco facile nel dire: "ve l'avevo detto, io".

E vero, la sua uscita è stata subito accolta da un coro unanime di reazioni negative. In prima fila si sono schierati, zelanti, gli scienziati, e, in seconda fila, i politici, di ogni colore. La politica è debole, ha paura di urtare le sensibilità: sia di quelli che sono in casa e vorrebbero andare a lavorare per sbarcare il lunario; sia di quelli che al lavoro non ci vogliono andare perché hanno paura (giustamente, vista l'evoluzione dell'epidemia) . Così, all'attacco contro l'idea anche solo di parlare di "riapertura", sono stati scatenati gli "esperti", quelli che dall'inizio di questa crisi si sono, ormai, contraddetti tra di loro non si sa quante volte.

Siamo ancora nella fase in cui non si può "disturbare il manovratore". Anche se non ha la più pallida idea di dove andare. Ed invece è essenziale parlare proprio di questo, visto che, in molti, durante la quarantena, abbiamo un sacco di tempo libero: a questo punto, qual è il piano per uscirne?

Non bisogna avere il timore che, cominciando a parlare del "dopo quarantena", la gente cominci a non rispettarla. Si tratterebbe di un atteggiamento paternalistico e miope. La gente ha necessità di sapere che i sacrifici di oggi sono solo la prima fase di un progetto più ampio, che riguarda anche il dopo, e che ci porterà fuori dall'emergenza. Se sarà rassicurata su questo aspetto, sarà motivata a rinunciare alle proprie libertà, e non per decreto, ma per la convinzione che chi è al comando ha le idee chiare sulla strada giusta da prendere.

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