mercoledì 7 giugno 2017

L'audizione di Comey al Senato USA: la Washington anti-Trump si prepara al suo Super Bowl

Domani è la giornata di Comey. L'ex Direttore dell'FBI, licenziato qualche settimana fa da Trump, testimonierà davanti alla Commissione di controllo sull'intelligence del Senato, ed è già pubblica la sua introduzione scritta.

I media liberal sono in fregola: a Washington D.C. (città che al 98% ha votato per Hillary, quindi una capitale che detesta il suo Presidente) i bar si stanno organizzando per garantire agli avventori la visione dell'audizione manco fosse la finale del Super Bowl. Si vocifera che alcuni gestori offriranno da bere gratis ai clienti qualora Trump dovesse twittare per ribattere in tempo reale alle affermazioni di Comey

Si sta dunque preparando un grande spettacolo, per cui (se vi appassionate come me all'argomento) tenete pronti i popcorn.

Ma oltre all'apparenza, ci sarà anche sostanza? Comey rivelerà qualcosa di davvero compromettente per Trump? Ci sarà la "pistola fumante" per l'incriminazione, l'impeachment, la destituzione del Presidente, tanto agognata da coloro che non si sono ancora rassegnati alla sconfitta di Hillary Clinton?

Ecco, qui casca l'asino. Perchè un conto è ciò che gli odiatori di Trump sperano, ben altro conto è ciò che dice la legge.

Vi consiglio davvero di guardare questa breve intervista ad Alan Dershowitz. Professore ad Harvard, super avvocato (quello del caso Von Bulow, per intenderci), campione dei diritti civili. Un mito vivente del diritto, insomma.

Ebbene, Dershowitz spiega, in quattro parole:

- che anche se fosse vero che la campagna Trump si è "coordinata" con la "Russia" con riferimento alle rivelazioni di Wikileaks (cosa di cui, peraltro, non c'è alcuna prova), non ci sarebbe alcun reato;

- che anche se fosse vero che Trump ha detto al Direttore dell'FBI di "lasciar stare" il suo ex consigliere Flynn, neppure in questo caso ci sarebbe alcun reato.

Ma allora, di cosa stiamo parlando? Del solito, ovvero di politica. Solo di pura, semplice lotta per il potere, fatta di colpi bassi, rivelazioni anonime, falsi scoop e analisi farlocche, con un solo obiettivo: conquistare il cuore e la mente dell'elettorato americano in vista delle prossime elezioni.

  
(Favolosa l'espressione di finta sorpresa di Tucker Carlson, l'intervistatore, grande attore).

giovedì 1 giugno 2017

Trump lancia il suo amo, i leader europei abboccano, e il Trattato di Parigi è defunto

Trump dichiara che gli Stati Uniti si ritirano dal Trattato di Parigi e vogliono negoziare un trattato più equo, e nel giro di poco, tra le varie reazioni, arriva la dichiarazione congiunta di Francia, Germania e Italia che dicono picche, il Trattato di Parigi non si può "rinegoziare".

Complimenti ai "leader europei". Bravi. Dei veri geni. Affermando che il Trattato di Parigi non è "rinegoziabile", Macron, Merkel e Gentiloni lo hanno definitivamente affondato. Esattamente ciò che Trump voleva.

Il Trattato di Parigi era più immagine che sostanza. Si tende a far passare in secondo piano il piccolo particolare che Obama vi ha aderito utilizzando la fantasiosa categoria dell'"executive agreement", aggirando (o violando?) la Costituzione USA, che richiede che i Trattati internazionali siano ratificati dal Senato. E il Senato USA, il Trattato di Parigi non lo ha mai ratificato. Perché? Perché non ci sono, e, soprattutto, non ci sarebbero mai stati i numeri. In pratica, dal punto di vista USA, il Trattato di Parigi era - a seconda dei punti di vista - uno "zombie" o, comunque, più un catalogo di buone intenzioni che un documento giuridicamente vincolante. 

L'intera vicenda, su cui la stampa di sinistra scriverà nei prossimi giorni fiumi di inchiostro dai toni scandalizzati, è un vero e proprio "teatrino". In pratica, si tratta di "tanto rumore per nulla", un circo piuttosto dozzinale che serve ad entrambi gli schieramenti (Trump e anti-Trump) per accontentare con poco sforzo le rispettive tifoserie. 

Il rifiuto immediato e categorico di "rinegoziare" il Trattato di Parigi è un errore politico perché chiude la porta ad un accordo vero, almeno nel breve periodo. A meno che Macron e Merkel non siano disposti a rimangiarsi l'improvvida dichiarazione di oggi. Su Gentiloni stendiamo un pietoso velo per carità di Patria. 

 

Aborto e armi, due sentenze che scuotono l’ordine (e la tracotanza) liberal

Due vittorie personali di Trump, reazioni isteriche dei progressisti. Non abolito il “diritto” ad abortire, la materia restituita agli Stati...