martedì 16 maggio 2017

Cosa non torna nello "scoop" del New York Times sui memo privati di Comey

Il New York Times scrive che l'ex direttore dell'FBI avrebbe dichiarato, in un memo privato, che il Presidente Trump gli avrebbe chiesto di interrompere le indagini sull'ex Consigliere della Sicurezza Nazionale Flynn - che a gennaio fu costretto a dimettersi pochi giorni dopo la nomina.

L'autore dell'articolo dice di non aver visto questo memo, ma che gli è stato letto. E vabbè, crediamogli.

Perché Comey avrebbe scritto questo memo? A futura memoria e futuro utilizzo, per costruire una "pista di carta". E vabbè.

Ovviamente i Democratici urlano - come sempre - allo scandalo, e addirittura invocano l'impeachment. Sostengono infatti che Trump sarebbe colpevole nientepopodimeno che di intralcio alla giustizia. 

Molte cose, però, non tornano in questo "scoop" del New York Times.

Tre tra tutte.

La prima: già il 23 gennaio il Washington Post  scriveva che l'FBI aveva assodato che Flynn non aveva commesso niente di illecito. Che senso aveva per Trump esercitare "pressioni" su Comey a FEBBRAIO? L'indagine su Flynn era già sostanzialmente defunta.

La seconda: qualche giorno fa il Direttore dell'FBI facente funzioni, McCabe, ha dichiarato SOTTO GIURAMENTO che Trump non ha tentato di esercitare pressioni sulle indagini dell'FBI.

 

La terza: in sostanza, Comey si sarebbe tenuto il suo memo privato nel cassetto per mesi. Strano comportamento, per uno il cui compito non è esattamente scrivere dossier, ma fare indagini. E guarda caso, questo "memo" finisce sui giornali, grazie ad una manina "anonima", subito dopo il suo licenziamento.

A chi appartiene questa "manina"? Non lo sappiamo, il New York Times non lo dice. Si tratta, infatti, dell'ennesima storia basata su "fonti anonime".

Viene però da pensare una cosa: questo "scoop" basato su memo privati di Comey che finiscono alla stampa dà forse un senso a questo strano tweet di Trump di qualche giorno fa.



UPDATE: se si vuole analizzare la faccenda dal punto di vista tecnico-giuridico, vale la pena leggere questo blog di Matt Wilson sul sito di Mike Huckabee (noto sostenitore di Trump peraltro).

In estrema sintesi, Wilson, che è un avvocato, spiega che se l'articolo del New York Times va preso seriamente, è la condotta di Comey e della fonte del New York Times, innanzitutto, a suscitare gravi interrogativi.

Tre, infatti, sono le possibili alternative.

1. Se Comey ha percepito le pressioni di Trump come serie, avrebbe dovuto denunciare il Presidente. Si tratta di un obbligo sanzionato penalmente. Lo ha fatto?

2. Se Comey ha denunciato Trump, chi ha fatto "trapelare" alla stampa i suoi memo (dando per scontato che esistano) può aver danneggiato un'indagine in corso. Anche questo sarebbe un reato.

3. Vi è una terza alternativa: ovvero che, in realtà, Comey non considerasse quelle di Trump pressioni illegittime, tali da integrare un crimine. Insomma, vi è la possibilità che si tratti di "fuffa", di tanto rumore per nulla.

Personalmente, propendo per l'ultima ipotesi. 

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