È il documentario dedicato a uno dei più spregiudicati consulenti politici vicini al Partito repubblicano, che ha avuto un ruolo chiave nella campagna di Donald Trump.
Appena diciannovenne, Roger Stone finì nel tritacarne dello scandalo Watergate, che costò la presidenza a Nixon. Dopo le dimissioni del 37mo Presidente degli Stati Uniti, ne rimase un fan e ne divenne amico. Fece carriera nel Partito repubblicano, ebbe un ruolo importante nella campagna vittoriosa di Reagan, e poi divenne un potentissimo lobbista, facendo un bel po' di soldi. Nel 1996 fu travolto da uno scandalo a luci rosse ed emarginato. Rientrò "in pista" quando fu incaricato di condurre "sul campo" per George W. Bush la battaglia contro il riconteggio in Florida durante le presidenziali del 2000. Per intenderci, fu lui ad organizzare i manifestanti pro Bush che fronteggiavano i sostenitori di Al Gore all'esterno (ma anche all'interno) del palazzo dove si svolgeva (o meglio, dove avrebbe dovuto svolgersi) il riconteggio manuale delle schede.
Nacque così il "personaggio Roger Stone" di oggi. Non più un "insider", ma un controverso attivista anti-establishment, un dandy culturista e libertario, autore di libri in cui si sostengono le più scatenate teorie cospirazioniste sull'omicidio Kennedy, sul Watergate, su Bill Clinton. Il Roger Stone consulente politico, invece, opera "dietro le quinte".
Ammiratori e detrattori lo considerano un maestro dei "trucchi sporchi" e della c.d. "oppo research" (la raccolta di materiale compromettente su un avversario politico, magari da far trapelare abilmente alla stampa). Uno dei suoi soprannomi preferiti è "principe delle tenebre", anche se sostiene di non aver mai fatto nulla di illegale.
Ebbene, Roger Stone è da lungo tempo consigliere politico di Donald Trump. Anzi, in sostanza afferma di essere stato il primo (a parte Donald Trump stesso, ovviamente) ad aver "visto", molti anni fa, che Trump avrebbe potuto conquistare la Casa Bianca.
Attenzione però: il documentario è tutt'altro che apologetico ed anzi è a tratti ostile, ma il tutto è da prendere cum grano salis perché Stone è abilissimo nell'autopromozione, e non si cura molto del fatto che si parli male di lui, anche al di là dei suoi "meriti" o "demeriti". Non a caso, uno dei suoi motti - una delle c.d. "Stone rules" - è: "It is better to be infamous than to never be famous at all".
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