mercoledì 13 dicembre 2017

Grosso guaio in Alabama

Cos’è successo in Alabama?


Per capirlo, innanzitutto sarebbe utile rammentare che durante le primarie Trump non appoggiò lo sconfitto Roy Moore, ma un altro candidato, Luther Strange. Per una volta, Trump aveva cercato di stare fuori dalla guerra civile dentro al Partito Repubbkicano di cui era stato principale protagonista nel 2016, e ciò al fine di preservare gli ondivaghi legami con i membri repubblicani al Congresso, il cui appoggio è indispensabile per mandare avanti l’agenda legislativa.


Roy Moore, lo sconfitto in Alabama, era uomo di Steve Bannon. Le suppletive per il seggio senatoriale sono state un test decisivo per l’insurrezione che Bannon vuole capeggiare contro l’establishment del Partito Repubblicano. Erano più una sfida tra Bannon e il Partito Repubblicano, che tra il Partito Repubblicano e quello Democratico.


Per questo il Partito ha appoggiato Moore nello stesso modo in cui ha appoggiato, dopo la nomination, Trump  nel 2016: in maniera insincera, scappando durante la tempesta. E di tempesta ce ne è stata, eccome. E c’è stato tanto fango.


È un disastro che condurrà all’inasprimento della guerra civile dentro al Partito Repubblicano.


ADDENDUM: La caccia ai politici maschi è aperta almeno fino alle elezioni di medio termine. Come arma è ammesso ogni tipo di accusa di molestia o cumunque di comportamento sessuale scorretto, anche se riferita a fatti avvenuti decenni fa, e anche se prova di qualsiasi conferma in sede giudiziaria.



martedì 12 dicembre 2017

Bitter battlefield Alabama

My take on what happened in Alabama.


Trump endorsed and campaigned for Luther Strange during the Alabama Senate primary. This should be remembered. Trump tried to stay out from the GOP civil war in order to preserve his ties with Congressional Republicans, whose support is essential to advance his legislative agenda.


Moore was pure Bannon. A test case for Bannon’s insurgency against GOP establishment. Alabama Senate race was almost more Bannon v. GOP, than Republican Party v. Dem Party.  


GOP establishment supported Moore just like supported candidate Trump in 2016: insincerely, running away during the storm. And there was a lot of storm. And a lot of dirt.


This is a massive failure that will lead to an even uglier civil war inside GOP.


ADDENDUM: The hunt to male politicians is open  until the 2018 elections at the minimum. As ammunition, any kind of allegation of sexual harassment and/or misconduct is admitted, no matter if referred to facts allegedly happened decades ago, no matter if without any judicial verification. 




giovedì 7 dicembre 2017

Ancora su Trump e Gerusalemme: non si era mai visto un Presidente che mantiene le promesse elettorali

La vicenda di Gerusalemme è un esempio emblematico della principale differenza tra Trump e i suoi predecessori - gli ultimi tre, almeno.
Questi ultimi, come è tipico dei politici di professione, su molti argomenti si sono limitati  a fare, durante la campagna elettorale, promesse che poi non hanno mantenuto.
Trump, invece, ha la tendenza a mantenere gli impegni presi. 
Attenzione:  Clinton, Bush jr, Obama hanno TUTTI promesso di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele (guardare, per credere, il video sotto).
Ma dopo aver fatto questa promessa, tutti e tre si sono furbescamente avvalsi  della clausoletta che consentiva loro di posticipare la decisione presa dal Congresso nel 1995, lasciando così  la “patata bollente” al successivo inquilino della Casa Bianca.
Pochi episodi come questo dimostrano la suprema ipocrisia di quei sostenitori di Clinton, Bush jr e Obama che ora accusano Trump di aver commesso, su Gerusalemme, "un errore".
È semplicemente illogico sostenere che ciò che i loro beniamini promisero di fare quando si trattava di assicurarsi la poltrona sia divenuto, nel frattempo, una scelta sbagliata.
Perché ciò implicherebbe una massiccia dose di autocritica, sull’argomento, da parte di Clinton, Bush jr e Obama, che però nessuno, in queste ore, ha sentito, nè da loro, nè dai loro sostenitori.
La realtà, come spesso acccade, è molto più semplice: Trump ha avuto gli attributi di fare ciò che i suoi predecessori (ripetiamo: Clinton, Bush jr, Obama) avevano avuto solo il “coraggio” di promettere.
E molte delle persone che, in Occidente, attualmente lo criticano sono, semplicemente, in mala fede.





martedì 5 dicembre 2017

Su Gerusalemme Trump vuole realizzare ciò che il Congresso ha deciso ventidue anni fa

“Trump dichiara Gerusalemme capitale d’Israele”.

“Trump decide di spostare l’ambasciata Usa in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme”.

“Trump mette a rischio il processo di pace in Medio Oriente”.

Ma è davvero così?

Andiamo con ordine.

È stato il Congresso degli Stati Uniti, ovvero l’organo legislativo, e non Trump, a dire per primo che Gerusalemme  “dovrebbe” essere riconosciuta capitale d’Israele, e che  l’ambasciata “dovrebbe” essere spostata da Tel Aviv a Gerusalemme. La legge è nota come Jerusalem Embassy Act e fu approvata nel 1995 a  larghissima maggioranza in entrambi i rami del Congresso, quindi con supporto bipartisan. 

All’epoca Presidente era Bill Clinton, il quale dimostrò tutto il suo coraggio politico-istituzionale su un argomento così delicato: non mise il veto, ma nemmeno firmò la legge, che entrò in vigore comunque, ma in virtù della norma della Costituzione che dà al Presidente massimo dieci giorni di tempo (“domeniche escluse”) per rispedire al mittente una legge approvata dal Congresso.

Tanto per chiarirci, nel 1995 Donald Trump pensava a tutt’altro, faceva l’imprenditore, era sposato con Marla Maples e faceva la pubblicità di Pizza Hut.




Ma allora come mai si continua a parlare di questo argomento - come se fosse una clamorosa novità -  a distanza di ventidue anni? Perché la legge contiene una clausola che consente al Presidente di posticipare di sei mesi in sei mesi lo spostamento dell’ambasciata, se ritiene che la sicurezza nazionale sia a rischio.

I vari Presidenti che si sono succeduti - lo stesso Clinton, e poi Bush Jr. e Obama - si sono sempre avvalsi della clausola. Del resto, va considerato che negli Stati Uniti, titolare delle principali prerogative in materia di politica estera non è il Congresso ma il Presidente. La legge però non è mai stata abrogata, e ogni sei mesi il problema si ripresenta. 

E qui arriviamo a Trump. Anch’egli, a giugno, si è avvalso della clausola di rinvio. Ed è stato sbertucciato per essersi rimangiato una promessa elettorale. Ma che abbia intenzione di attuare lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme lo sanno, da mesi, anche i sassi, perché è un impegno che ha preso fin dalle elezioni primarie del Partito Repubblicano.

Il punto è che Trump ha dimostrato la tendenza a mantenere molte delle sue promesse, soprattutto le più controverse - cosa che lo differenzia dai politici “di professione”. Per cui se i leader arabi non l’hanno capito e pensavano che The Donald avrebbe lasciato perdere hanno commesso un errore di valutazione. Ricordiamoci che solo un paio di mesi fa Trump ha deciso di ritirare gli Usa dall’Unesco, a causa della linea anti-israeliana di quella branca del sistema Onu (ed alla faccia di coloro che lo accusano di anti-semitismo).

Resta da analizzare la terza affermazione. La  decisione di Trump metterà davvero fine al processo di pace in Medio Oriente? Considerato l’argomento ci vorrebbe un indovino, e io non lo sono. Al momento, in realtà, non si sa nemmeno quale sia, esattamente, la sua decisione. Mi viene, però, da proporre, a mia volta,  una domanda: ma siamo proprio sicuri che in Medio Oriente sia ancora in corso un processo di pace che possa essere messo a rischio dalla decisione di Trump (qualunque essa sia)? 





domenica 3 dicembre 2017

Il “Russia gate” fa un’altra “vittima”: tra i giornalisti

Venerdì, a margine dell’annuncio del patteggiamento del generale Flynn, l’emittente ABC aveva diffuso lo “scoop” secondo cui Flynn sarebbe pronto a testimoniare di aver ricevuto la direttiva di contattare il governo russo dal “candidato” Trump. Cioè prima delle elezioni.
Se confermata, sarebbe stata una notizia esplosiva, perché Trump ha sempre negato di aver dato personalmente tale direttiva PRIMA delle elezioni (ciò che è avvenuto dopo le elezioni ha natura ben diversa, perché a quel punto Trump era già Presidente eletto).
Nel giro di pochi minuti, si sono incendiati gli animi degli odiatori di Trump, che si sono messi ad urlare all’”impeachment”, perché secondo loro Flynn sarebbe pronto a fornire la prova della “collusione” tra Trump e la Russia per truccare le elezioni.
Ebbene, si trattava di una BALLA. Di una vera e propria “fake news” nella più pura definizione trumpiana del concetto.
L’ABC ha dovuto scusarsi, e il reporter responsabile dello “scoop” fasullo è stato sospeso dal lavoro e dallo stipendio per quattro settimane.




Per il reporter in questione si tratta di poco più di un buffetto sulla guancia.
Il danno è notevole, invece, per la credibilità dell’ABC News, uno dei principali “main stream media”.

venerdì 1 dicembre 2017

Perchè il generale Flynn ha patteggiato?

Flynn patteggia, e gli odiatori di Trump pensano che l'impeachment sarà la prossima settimana.

(Fonte foto: Wikipedia)

Ma è proprio così? Facciamoci un po' di domande.


Quello di indagare sui collegamenti/coordinamenti tra il governo russo e membri della campagna presidenziale di Trump e (attenzione: qui sta il "trucchetto") QUALSIASI cosa che possa sorgere direttamente dall'indagine. Questa seconda parte dell'incarico consente a Mueller di indagare, in pratica, su qualsiasi cosa, purchè ci incappi indagando sulla "Russian collusion". E' evidente il rischio che il tutto si trasformi in una "pesca a strascico" fuori controllo.

Per cosa ha patteggiato Flynn? 

Per aver mentito all'FBI riguardo ad alcuni colloqui avuti con l'ambasciatore russo DOPO le elezioni. In altre parole: Flynn è stato incriminato - e ha patteggiato - non per il CONTENUTO di questi colloqui, ma per come li ha riferiti all'FBI. Come ha fatto Mueller ad incastrarlo? Ci sono le trascrizioni di queste conversazioni. Come mai ci sono queste trascrizioni? Flynn era intercettato? Da chi e perchè?

Perchè Flynn si era dimesso dall'incarico di consigliere per la sicurezza nazionale di Trump (record negativo di durata: 24 giorni)? 

Ufficialmente, per aver "mentito" o comunque non aver riferito accuratamente al vicepresidente Pence proprio di quei colloqui con l'ambasciatore russo avvenuto DOPO le elezioni, facendogli poi fare una figuraccia in varie interviste.

Ma ci sono delle altre possibilità. Tra tutte, quella che Flynn fosse ricattato. Dai Russi, come sospettava Sally Yates (la vice procuratrice generale obamiana licenziata con grande clamore da Trump)? O da fazioni avverse dell'intelligence e della sicurezza nazionale Usa?

La vicenda puzza di intrigo.

Gli odiatori di Trump, comunque, festeggiano, anche perchè Flynn era quasi la loro bestia nera n. 2 (la n. 1 è The Donald, ovviamente). E confidano su quella parte del patteggiamento in cui si dice che Flynn coopererà con il procuratore speciale Mueller. Sperano quindi che Flynn "vuoti il sacco" su Trump, rivelando chissà cosa.

Nel frattempo, l'ex direttore dell'FBI James Comey, altro soggetto licenziato clamorosamente da Trump, festeggia su Twitter dal suo buen retiro di pensionato intento a scrivere le sue memorie:

Ma dobbiamo davvero aspettarci che Flynn si trasformi, da fedelissimo, ad accusatore di Trump?

Personalmente sono molto scettico. Basta leggere il comunicato dello stesso Flynn per rendersene conto.


E' chiaro che l'uomo vuole difendere la sua reputazione, e non intende certo passare per un "traditore". Gli odiatori di Trump si illudono, se sperano che sia proprio Flynn ad aiutarli.

UPDATE (2/2/2017): consiglio la lettura di questo articolo che spiega molto bene la faccenda dal punto di vista tecnico.

Degno di nota anche questo editoriale del Washington Post (certamente non sospettabile di filo-trumpismo), già il titolo dice tutto: “Flynn’s plea doesn’t prove collusion”. Perché il Washington Post si espone in questo modo? È un classico per i topi abbandonare la nave prima che affondi. E qui la nave è l’indagine di Mueller, una montagna costosissima che sta partorendo solo topolini.


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