Non so se Steve Bannon abbia davvero detto che il famigerato
incontro alla Trump Tower tra Don Jr e l’avvocatessa russa avrebbe dovuto essere
immediatamente denunciato all’FBI in quanto “sovversivo” ("treasonous").
Sul piano della credibilità, il curriculum dell’autore del libro contenente questa “rivelazione esplosiva”
è tutt’altro che immacolato , per cui
raccomanderei prudenza prima di trarre conclusioni. Magari tra qualche giorno
arriverà una smentita o una rettifica di Bannon.
(foto di Gage Skidmore)
Certo è che l’indiscrezione ha fatto andare Donald Trump su
tutte le furie. Leggete il comunicato con cui “pialla” - letteralmente - Steve Bannon. In più
punti si vede chiaramente che l’ha scritto (dettato) The Donald in prima persona. La frase di apertura “Steve Bannon
has nothing to do with me or my Presidency” è Trump al 100%.
Oltre a ridimensionare il ruolo del suo ex consigliere (un altro classico di Trump), nella sua feroce dichiarazione The Donald dice due cose molto interessanti: 1. accusa chiaramente Bannon di essere la fonte della marea di indiscrezioni che hanno tormentato la Casa Bianca nel primo semestre di presidenza (soprattutto fino a quanto Bannon non è stato licenziato); 2. trolla Bannon indicandolo come principale responsabile della sconfitta in Alabama, alle elezioni suppletive per il seggio senatoriale lasciato libero da Sessions dopo la sua nomina a capo del Dipartimento della Giustizia.
Chiaramente, la rissa tra Trump e Bannon è un regalo inaspettato per gli apostoli del “Russia gate”, che festeggiano:
fantasticano che le affermazioni di Bannon possano finalmente fornire quello
straccio di prova che in molti stanno cercando per accusare Trump di
“collusione” con Putin – prova che sinora nessuno è stato in grado di trovare,
per il semplice motivo che non esiste.
Ma è più utile una chiave di lettura diversa.
Innanzitutto, utilizziamo un po’ di spirito critico.
Domanda: Quando è avvenuto l'incontro di Don Jr con l'avvocatessa russa? A giugno 2016. Quando Bannon è stato nominato a capo della campagna elettorale di Trump? Ad agosto 2016. Bannon ha dunque conoscenza diretta dell'incontro? No. Di cosa stiamo parlando, quindi? Di fuffa. Di un'opinione personale di Bannon - equivalente a quella dell'uomo della strada - su fatti a cui non ha assistito.
E qui arriviamo al secondo, importante elemento. Bannon ha commesso, con le sue
dichiarazioni (salvo smentita) il peggiore dei peccati possibili agli occhi di
Trump. Non solo è stato sleale, ma ha toccato la famiglia, il figlio
primogenito, Don Jr. Il povero Steve imparerà per esperienza quanto sa essere
protettivo Trump con la sua famiglia. E su questo aspetto, penso che molti –
sostenitori ma anche non – saranno d’accordo con Trump. La famiglia non si
tocca. Steve Bannon ha sbagliato. E Trump ha fatto bene, mesi fa, a licenziarlo.
Bannon, “mettendo in mezzo” Don Jr., ha commesso nei confronti di Trump uno sgarbo gravissimo, e su questo possono essere d'accordo anche da molti dei “bannoniti”, ovvero i componenti di quella “base” della “alt-right” che si abbevera al sito Breitbart.com (guidato da Bannon). Uso le virgolette perché son tutte definizioni della stampa liberal che andrebbero discusse ma ci vorrebbe tempo, per cui le utilizzo così faccio prima.
Proprio l’elemento personale (la legittima incazzatura di Trump per gli attacchi di Bannon alla sua famiglia) può offrire, in prospettiva,
una chiave politica interessante.
Se ci sarà guerra con Bannon (e ci sarà), Trump da
ora in poi, avrà sempre, dalla sua, questa ineccepibile motivazione personale:
Bannon l’ingrato ha attaccato suo figlio per farsi pubblicità spifferando
indiscrezioni dannose ad uno scrittore ostile in cerca dello scoop facile. Per cui, qualunque cosa succeda da ora in
poi, Bannon se l’è cercata.
La frattura avrà un’evidente ricaduta sul piano politico nel
campo della destra USA. Ricordiamoci che Bannon, dopo essere stato estromesso dalla Casa Bianca,
si è messo in testa di mettere in piedi un suo movimento (ufficialmente per portare avanti "da destra" le istanze più estreme dell'agenda trumpista). È stato il regista
della candidatura in Alabama alle suppletive per il Senato di Roy Moore, il primo repubblicano
che, però, è riuscito a perdere in venticinque anni in quello Stato, azzoppato da
controversi scandali sessuali. Trump - non a caso - durante le primarie aveva
appoggiato un altro candidato, tenendosi fino a quanto possibile distante l’operazione ordita da Bannon. E ora non ha remore nell'addossare tutta la responsabilità della sconfitta su Bannon.
Ed è questo il dato politico più interessante. Trump e
Bannon sono ormai due cose che vanno tenute ben distinte. Nella "guerra civile" nel campo del Partito Repubblicano, o meglio della destra Usa, ci sono ormai tre fronti: l'establishment, Trump, e Bannon. Ma non è detto che
Trump ci perda, anzi, forse ci guadagnerà. Il peccato mortale commesso da
Bannon consentirà a Trump di smarcarsi definitivamente dal suo controverso ex
consigliere, e di muoversi ancor più liberamente tra il centro (dove si governa
– la vicenda dei tagli alle tasse insegna) e la destra “bannonita” (i cui voti
sono comunque sempre utili). Andando a pescare "fior da fiore", in base all'esigenza del momento.
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