giovedì 12 ottobre 2017

Gli Usa e l'UNESCO: mi si nota di più se non pago o se me ne vado?

Gli Usa hanno deciso di uscire dall'Unesco.
A dir la verità era da un bel po' che non pagavano la propria quota di finanziamenti. Gli arretrati risalgono alla Presidenza Obama, che aveva sospeso i pagamenti nel 2011 a seguito dell'ingresso nell'Unesco della Palestina, ma questo ora per molti cultori del politicamente corretto e del culto obamista è sgradevole ricordarlo.
Oggi alla Casa Bianca c'è Trump, e la decisione di uscirne giunge tutt'altro che di sorpresa.


Secondo l'ambasciatore Usa all'Onu, Nikki Haley, la goccia che ha fatto traboccare il vaso  della pazienza (cortissima) di Trump è stata la decisione dell'Unesco di dichiarare la città vecchia di Hebron, dove si trova la Tomba dei Patriarchi, sito "palestinese" del Patrimonio Mondiale, contro le vibranti proteste di Israele.
Piccolo particolare: la Tomba dei Patriarchi è il luogo dove, secondo la Bibbia, sono sepolti Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e Lia. Insomma, è uno dei luoghi più importanti per la cultura (anche) ebraica.
E' evidente che dichiararlo sito "palestinese" può essere un'ottima decisione solo se si intende essere faziosi e prendere esplicitamente posizione nel conflitto israelo-palestinese - cosa che non compete certamente all'Unesco.
E' chiaro che un'organizzazione internazionale del genere - che dovrebbe promuovere il dialogo e non le divisioni tra i popoli -  merita di essere totalmente azzerata e rifondata.
D'altronde, che l'Unesco sia un consesso permeabile alle infiltrazioni ideologiche, lo capì anche Reagan, che ne uscì nel 1984, seguito a ruota dalla Gran Bretagna della Thatcher; allora l'accusa, nei confronti dell'Unesco, era di filosovietismo.
L'errore degli Stati Uniti è stato rientrarvi nel 2002, con Bush, senza essersi sincerati che la musica, in ambito Unesco, fosse effettivamente cambiata.

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