venerdì 7 aprile 2017

Alla Casa Bianca non c'è più un "signor tentenna".

I segnali che Trump avrebbe agito in Siria c'erano tutti.

5 aprile 2017. Primo segnale: l'intervento al Consiglio di Sicurezza dell'Onu del rappresentante permanente USA Nikki Haley (stella nascente del Partito repubblicano, tra l'altro). L'attacco alla Russia è stato esplicito: "Quanti altri bambini dovranno morire perché alla Russia importi?".
Guardare il video, Guardare la faccia dell'ambasciatore russo al minuto 3:41. Attonito, quasi incredulo.


5 aprile 2017. Secondo segnale. La conferenza stampa congiunta durante la visita del re Abdullah di Giordania, fondamentale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente.  Trump ha aperto il suo intervento condannando l'orribile attacco chimico contro gente innocente, "women, small children, and even beautiful little babies". Trump ha parlato di "affronto all'umanità", ha detto chiaramente che condotte del genere da parte del regime di Assad non sarebbero state più tollerate. Subito dopo, Trump ha lodato le capacità militari del re Abdullah.


6 aprile 2017. Infine, l'attacco. Nelle intenzioni, un'azione militare "chirurgica", una ritorsione diretta contro la base da cui è partito l'aereo che ha condotto l'attacco chimico.
Piccolo, grande particolare: in quella base c'erano anche militari russi. Sono stati preavvertiti, e sono stati evacuati prima dell'attacco.

Il segnale mandato da Trump alla Russia non avrebbe potuto essere più esplicito. E' venuta meno al ruolo di "alleato-garante" di Assad che Obama le aveva consentito, e gli Usa hanno agito di conseguenza.
L'obiettivo chiaro di Trump è quello di ristabilire il ruolo di leadership degli Stati Uniti nella gestione del conflitto siriano, dopo che la Russia, inadempiente, ha screditato il proprio ruolo. Da notare l'appello di Trump a tutte le "Nazioni civilizzate" perchè cooperino con gli Usa per la fine del conflitto.


I media registrano con sorpresa il "cambio di rotta" di Trump in Siria.
In realtà, si tratta di un "cambio di rotta" solo della "caricatura di Trump" che gli stessi media hanno propalato ormai da un anno e più.
In realtà, per chi segue con attenzione quello che Trump fa e dice, l'azione in Siria è tutt'altro che sorprendente.

Perchè Trump non è un ideologo. È un pragmatico. 

Gli è ben chiaro che la fine del conflitto in Siria, e, con esso, la fine del terrorismo globale che in tale conflitto trova le proprie radici, e, più in generale, la stabilità del Medio Oriente, sono nell'interesse primario degli Usa.
Così come gli è ben chiaro che è nell'interesse degli Usa il contenimento del ruolo della Russia, soprattutto se non costituisce fattore di stabilità.
Trump ha fatto quello che Obama aveva annunciato nel 2013, con lo sciagurato proclama della "linea rossa" superata da Assad in occasione di un altro attacco chimico, salvo poi fermarsi. Commettendo uno dei più gravi errori della sua presidenza, forse il più grave. Perchè è stata l'inazione di Obama che ha consentito alla Russia di assumere il ruolo di "alleato-garante" di Assad, e, al tempo stesso, una presenza ed un peso nello scacchiere mediorientale che mai Putin, in precedenza, si sarebbe sognato.

Ora la musica è cambiata. A Putin (ma anche a Teheran, altro alleato di Assad), Trump ha voluto chiaramente dire che alla Casa Bianca non c'è più un "signor tentenna".  

Oltre al pragmatismo, l'azione Usa in Siria dimostra un altro tratto della politica estera di Trump. Il nuovo Presidente Usa è disponibile a riconoscere ad altre superpotenze (Russia, Cina) il ruolo di "garanti" in determinate situazioni di crisi. Ma se esse non adempiono a questo ruolo, gli Stati Uniti sono pronti ad intervenire da soli. 

Il segnale per la Nord Corea non potrebbe essere più chiaro. Più di qualcuno, a Pyongyang, avrà sentito le orecchie fischiare per il rombo dei missili Tomahawk Usa lanciati sulla base aerea siriana di Al Shayrat.

Così come non poteva essere più chiaro il segnale per l'"alleato-garante"della Corea del Nord, ovvero Cina. Del resto, i missili Usa sono partiti nelle stesse ore in cui Trump era a cena con il Presidente cinese. E diceva ai giornalisti, che, dopo il primo colloquio, aveva stabilito le premesse per un'"amicizia" con il leader cinese, senza però "aver ancora ottenuto nulla" in cambio.


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