Trump dichiara che gli Stati Uniti si ritirano dal Trattato di Parigi e vogliono negoziare un trattato più equo, e nel giro di poco, tra le varie reazioni, arriva la dichiarazione congiunta di Francia, Germania e Italia che dicono picche, il Trattato di Parigi non si può "rinegoziare".
Complimenti ai "leader europei". Bravi. Dei veri geni. Affermando che il Trattato di Parigi non è "rinegoziabile", Macron, Merkel e Gentiloni lo hanno definitivamente affondato. Esattamente ciò che Trump voleva.
Il Trattato di Parigi era più immagine che sostanza. Si tende a far passare in secondo piano il piccolo particolare che Obama vi ha aderito utilizzando la fantasiosa categoria dell'"executive agreement", aggirando (o violando?) la Costituzione USA, che richiede che i Trattati internazionali siano ratificati dal Senato. E il Senato USA, il Trattato di Parigi non lo ha mai ratificato. Perché? Perché non ci sono, e, soprattutto, non ci sarebbero mai stati i numeri. In pratica, dal punto di vista USA, il Trattato di Parigi era - a seconda dei punti di vista - uno "zombie" o, comunque, più un catalogo di buone intenzioni che un documento giuridicamente vincolante.
L'intera vicenda, su cui la stampa di sinistra scriverà nei prossimi giorni fiumi di inchiostro dai toni scandalizzati, è un vero e proprio "teatrino". In pratica, si tratta di "tanto rumore per nulla", un circo piuttosto dozzinale che serve ad entrambi gli schieramenti (Trump e anti-Trump) per accontentare con poco sforzo le rispettive tifoserie.
Il rifiuto immediato e categorico di "rinegoziare" il Trattato di Parigi è un errore politico perché chiude la porta ad un accordo vero, almeno nel breve periodo. A meno che Macron e Merkel non siano disposti a rimangiarsi l'improvvida dichiarazione di oggi. Su Gentiloni stendiamo un pietoso velo per carità di Patria.
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